L
La terapia elastocompressiva attualmente rappresenta ancora un pilastro nella cura del paziente flebopatico in particolare per ciò che riguarda il trattamento e la prevenzione delle ulcere venose.
Gestione delle ulcere venose delle gambe
L'insufficienza venosa cronica colpisce fino al 40% della popolazione adulta in europa (Venous Forum, 2018) e si stima che circa l'1% della popolazione dell’Europa Continentale soffrirà di lesioni ulcerative alle gambe nel corso della propria vita vita.
La terapia elastocompressiva correttamente applicata è unanimemente riconosciuta come il fondamento per la terapia di questi pazienti sia per la prevenzione sia per la cura delle alterazioni cutanee secondarie all’insufficienza venosa cronica severa (ipodermite, dermatite da stasi, ulcera) sia per la prevenzione delle recidive delle ulcere venose).
Numerosi studi clinici evidenziano tassi di guarigione compresi tra il 52% e il 78% dopo 12 settimane di cura quando la terapia elastocompressiva viene applicata in modo corretto e continuo.
In un individuo sano, la pressione venosa alla caviglia si riduce durante l'esercizio a causa dell'azione della pompa muscolare del polpaccio e della presenza di valvole venose funzionali che si oppongono al reflusso venoso in ortostatismo. Come è noto in un arto normale esiste un equilibrio tra la pressione nel letto capillare, la pressione tissutale e la pressione oncotica. Se in ortostatismo la pressione venosa aumenta, questo equilibrio è alterato. Il sangue si muove molto lentamente attraverso i capillari e attraverso le vene aumentando la stasi ed il rischio di trombosi. L'aumento della pressione porta anche ad un aumento della permeabilità dei vasi con la perdita di liquidi e proteine nel medium tessutale e comparsa di gradi più o meno marcati di edema secondario alla stasi (Partsch, 2013).
Il trattamento della malattia venosa è finalizzato a correggere, per quanto possibile, gli effetti dell'incompetenza valvolare e ridurre gli effetti dannosi dell'ipertensione venosa ad essa correlata. Ciò si ottiene applicando una compressione dell’arto sotto forma di calze elastiche o bende di varia elasticità, somministrando farmaci con riconosciuta attività antinfiammatoria e in grado di migliorare la contrattilità della componente muscolare della parete venosa. In altri casi la riduzione della pressione venosa distale potrà essere ottenuta attraverso un intervento chirurgico sul sistema venoso superficiale o profondo, con terapia endovascolare (disostruzione con stenting venoso) ablativa sul sistema venoso superficiale o con sedute di scleroterapia.
I dati disponibili in letteratura evidenziano come la terapia elastocompressiva con calza elastica o con benda consenta di:
- Migliorare significativamente la qualità della vita del paziente.
- Alleviare i sintomi legati alla stasi degli arti inferiori.
- Ritardare o prevenire le complicanze a lungo termine dell'insufficienza venosa cronica ( in particolare le alterazioni cutanee).
- Avere una buona efficacia antalgica una volta ottenuta la riduzione dell’edema.
- Ridurre l'edema diminuendo la differenza di pressione tra i capillari e il tessuto circostante e il trasferimento del fluido tissutale nello spazio vascolare. Questo comporta la riduzione della quantità di essudato nei pazienti con lesioni cutanee attive.
Affinché la compressione funzioni deve essere correttamente graduata, generando una pressione maggiore alla caviglia che decresca progressivamente mano a mano che si procede in senso prossimale verso il ginocchio e la regione inguinale.
Sistemi di bendaggio elastico e inelastico
Il livello di compressione prodotto da qualsiasi sistema di bendaggio è stabilito da una serie di interazioni complesse, tra cui la dimensione, la forma e la struttura fisica dell'arto, il tipo ed il materiale con cui è realizzato il bendaggio, gli strati incorporati nel sistema di bendaggio, la sovrapposizione della benda e l'abilità e la tecnica dell’operatore che esegue il bendaggio. Il materiale con cui sono fabbricate bende e calze può contenere filati con materiale elastici o inelastici o una combinazione variabile di entrambi. In base a questa considerazione il bendaggio può essere differenziato in:
- Bendaggio elastico ad elevata estensibilità (noto anche come long-stretch) che contiene fibre elastomeriche in grado di allungarsi oltre il 140 % della lunghezza iniziale e tornare alle loro dimensioni originali una volta cessata la trazione.
- Bendaggio elastico a corta estensibilità (noto anche come short-stretch) che contiene poche o nessuna fibra elastomerica e ha una minima estensibilità.
- Bendaggio inelastico: realizzato con bende che non hanno estensibilità (bende inelastiche)
Le bende sono classificate in base alla loro capacità di applicare e mantenere un livello di compressione sicuro e predeterminato (Hopkins e Worboys, 2005). Quando si applica un sistema di bendaggio ad un arto lo scopo è quello di fornire un “stiff” una sorta di guaina che avvolge e comprime l’arto contro il quale i muscoli del polpaccio possono contrarsi. Ciò genera un’elevata pressione di “lavoro”, che in un sistema graduato, incrementa il ritorno venoso al cuore mantenendo una pressione di “riposo” più bassa durante l’inattività.
Il bendaggio rigido può essere ottenuto utilizzando bende inelastiche (classicamente bende inelastiche umettate con pasta all’ossido di zinco) o bende elastiche a corto coefficente di allungamento in un sistema di bende sequenziali applicate in multistrato (bendaggi a 3 o a 4 strati - Partsch, 2005). Le bende inelastiche sono raramente utilizzate nella pratica comune, in quanto forniscono poca flessibilità e sono riservato all’utilizzo da parte di operatori esperti.
Uno degli effetti benefici della compressione, se applicata in modo corretto, è un rapido cambiamento iniziale del volume dell’arto legato alla rapida riduzione dell’edema. Una conseguenza di ciò è che il sistema di bendaggio dovrà essere riapplicato più frequentemente a causa della riduzione del volume dell’arto. Ciò è particolarmente rilevante quando si utilizzano materiali poco elastici in quanto la loro efficacia elastocompressiva diminuirà con lo scivolamento della benda (di solito verso il basso) determinato dal fatto che questi sistemi non riescono ad adattarsi al rapido cambiamento della circonferenza degli arti.
Comprendere i livelli di compressione
I sistemi di bendaggio sia che si tratti di bende o di calze elastiche sono classificati in base al livello di compressione che generano una volta applicati sul paziente. Esistono diversi sistemi di classificazione. Per evitare confusione quando si descrive il livello di compressione applicato all'arto, la maggior parte delle società scientifiche in ambito flebologico suggerisce di utilizzare la seguente terminologia per indicare il livello di compressione (2013):
- Leggero (meno di 20mmHg)
- Moderato (20-40 mmHg)
- Forte (40-60mmHg)
- Molto forte (maggiore di 60mmHg).
Una forte compressione (superiore almeno a 40mmHg) è generalmente raccomandata per il trattamento di un'ulcera venosa delle gambe. Ricordiamo però che per alcuni pazienti la concomitante presenza di una malattia ostruttiva delle arterie degli arti inferiori, di una neuropatia o l'insufficienza cardiaca sono controindicati con l’adozione di una terapia elastocompressiva con regimi pressori superiori ai 30 mmHg.
L'uso di un sistema di compressione costituito da bende o da calze da solo non garantisce un livello di compressione: le modalità di applicazione infatti influiscono in modo determinante sui risultati terapeutici che i clinici possono ottenere.
La pressione varierà a seconda delle dimensioni e della forma degli arti, del livello di attività muscolare del polpaccio, delle caratteristiche di bendaggio o delle calze elastiche, della larghezza della benda e del grado di sovrapposizione e infine della tensione di applicazione. Molti di questi fattori sono operatore dipendente e chi esegue il bendaggio può influenzare in modo diretto anche la graduazione della compressione, il comfort e la durata del bendaggio.
Valutare i pazienti prima dell'applicazione
Una valutazione anche della circolazione arteriosa dell’arto è fondamentale nel paziente candidato a terapia elastocompressiva arteriosa utilizzando un indagine ecodoppler arterioso e in caso di arteriopatia il calcolo dell’indice caviglia braccio .
L’indice caviglia-braccio (ankle-brachial index ABI), conosciuto anche come di Winsor, consiste nella valutazione del rapporto tra il valore della pressione sistolica misurato alla caviglia e quello ottenuto a livello del braccio.
In condizioni normali la pressione sistolica alla caviglia è più elevata rispetto a quella del braccio per cui un indice ≤ 0,9 è considerato espressione di una malattia vascolare ostruttiva agli arti inferiori.
L’'indice di pressione brachiale della caviglia (ABI index) deve essere intrapreso prima di considerare la terapia di compressione nel paziente con sospetta arteriopatia degli arti inferiori. L'ABI definisce il livello di compressione nel paziente arteriopatico con concomitante lesione vascolare venosa.
Inoltre, prima di selezionare i pazienti per l'applicazione della compressione, è necessario valutare la condizione della pelle e la forma degli arti, nonché la presenza di neuropatia o insufficienza cardiaca e allergie note al paziente, in quanto tali condizioni possono influenzare sia il livello di compressione che i componenti del sistema di compressione utilizzato (Marston e Vowden, 2003). Il processo di valutazione dovrebbe quindi identificare potenziali problemi che possono influire sulla guarigione e sulla recidiva.
La valutazione dovrebbe anche identificare aree potenzialmente vulnerabili come le protuberanze ossiche, che possono richiedere l'imbottitura per la loro protezione. L'imbottitura può aumentare il comfort della benda, ma un'eccessiva imbottitura può ridurre i livelli di compressione e portare a slittamento di bendaggio e generare un sistema di bendaggio ingombrante. Quando si valuta il paziente per l’applicazione di terapia elastocompressiva, è necessario considerare la capacità dei pazienti e dei loro caregiver di applicare e rimuovere le calze.
Scelta e applicazione della compressione
La scelta del sistema di compressione per ogni paziente dipenderà dai risultati del processo di valutazione, dalle preferenze del paziente, dalle competenze degli operatori sanitari e dalle risorse disponibili. Una compressione efficace dovrebbe fornire un equilibrio tra esercitare troppa poca pressione, che è inefficace e troppa pressione, che causa danni o non è tollerata da chi lo indossa. Altre considerazioni possono riguardare le caratteristiche strutturali della benda, l'impatto sulle calzature e il disagio della temperatura cutanea percepita durante la stagione calda. Se il sistema di bendaggio scelto è ingombrante, assicurarsi che il paziente sia dotato di calzature adeguate. Ciò incoraggerà la mobilitazione, aumenterà l'efficacia del trattamento e la concordanza alla terapia proposta.
Affinché la compressione sia pienamente efficace, ai pazienti dovrebbe essere fornita un'adeguata istruzione sulla malattia di base ed essere incoraggiati ad elevare le gambe durante il riposo (WUWHS, 2008).
Scegliere e utilizzare le calze elastiche
Anche l’utilizzo delle calze elastiche rimane fondamentale soprattutto nell’ambito della prevenzione primaria e secondaria nel paziente con malattia legata alla flebostasi o alla linfostasi, Le calze elastiche inoltre possono anche essere un metodo efficace per fornire terapia di compressione in pazienti selezionati con lesioni di piccolo diametro con produzione di essudato molto limitata. Tali pazienti possono essere incoraggiati a automedicazione e utilizzo della calza elastica sotto la supervisione di un operatore sanitario formato.
Per la prescrizione della calza elastica terapeutica è importante misurare accuratamente la gamba e selezionare, attraverso idonee tabelle di comparazione, una calza elastica di dimensioni appropriate con il livello di compressione corretto. Assicurarsi che al paziente venga mostrato come applicare la calza correttamente. Occorre inoltre fornire istruzioni sulla cura della pelle e sulla manutenzione della calza, incluso soprattutto il lavaggio e l'asciugatura.
L'esperienza iniziale di un paziente con la terapia di compressione può influenzare in modo determinante la sua successiva adesione a questa forma di terapia. I pazienti devono essere impegnati nella pianificazione del trattamento e devono essere edotti sugli scopi della cura con informazioni sufficienti per comprendere la logica del trattamento. L'aderenza al trattamento dipende anche dalla motivazione del paziente, che può essere influenzata da fattori come l'isolamento sociale, la mancanza di un care-giver adeguato o il disagio del trattamento. Un efficace controllo dei sintomi, sia con medicazioni che con analgesia, può migliorare la qualità della vita e la tolleranza del paziente nella terapia elastocompressiva.